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#9 – RAGNATELE D’INGANNI
Parte seconda.

 

di Carmelo Mobilia, Carlo Monni e Mickey

 

 

San Francisco. Quartiere di Bayview-Hunters Point. Ieri Notte

 

Il Ragno Rosso è frustrato. Da tempo sta cercando indizi su chi possa aver ucciso Ken Ellis senza aver avuto alcun successo. Crede di aver visitato ormai tutti i bar malfamati di San Francisco. Probabilmente è già stato anche in questo localaccio di Bayview, ma a questo punto comincia ad essere disperato.

Se le occhiate malevole potessero uccidere, pensa, sarebbe già caduto stecchito. Avanza all’interno confidando che il suo senso di ragno lo avvertirà del minimo pericolo. In momenti come questi vorrebbe sembrare minaccioso come il suo “gemello” Ragno Nero, magari è colpa del colore, il rosso non fa abbastanza paura... tranne ad Hell’s Kitchen, forse.

Sarebbe ingiusto dire che l’uomo sotto la maschera non piangerebbe per Ken Ellis, perché Ben Reilly crede profondamente che ogni morte violenta sia ingiusta, quindi cercherebbe il suo assassino anche se non fosse tra i sospettati del suo omicidio. Solita fortuna dei Parker: trovarsi nell’appartamento di Ellis proprio quando vi è entrata Jessica Carradine, che ha avuto subito l’impressione che fosse lui l’assassino.[1] Un momento… e se non fosse stata solo una coincidenza? Se qualcuno avesse fatto in modo di incastrarlo per l’omicidio? Ellis che gli telefona per farlo venire nel suo appartamento come Ragno Rosso e Jessica che arriva con un tempismo impeccabile. Una coincidenza fin troppo sospetta.

Il filo dei suoi pensieri è interrotto da una voce secca:

-Non sei il benvenuto qui, amico. Sei fuori posto.-

Sono fuori posto in un sacco di luoghi, amico, pensa l’aracnide scarlatto ed il filo dei suoi ricordi riprende a scorrere.

 

 

Un piccolo cimitero. Qualche tempo fa.

 

Ben Reilly si chiede cosa stia facendo qui. Lui e Ken Ellis non erano mai andati d’accordo, per usare un eufemismo, eppure ha sentito il dovere di essere presente al suo funerale.

C’è pochissima gente: qualche suo collega al giornale per cui lavorava ed anche il Tenente Sabrina Morrel della Divisione Omicidi. Che creda anche lei a quella vecchia teoria per cui gli assassini spesso sono presenti al funerale delle loro vittime? Probabile che rimanga delusa.

Compunta ad osservare la bara venir calata nel luogo di ultima dimora di Ellis c’è Jessica Carradine. Ben le si avvicina e le pone una mano su una spalla.

-Jessica…

-Oh Ben. La vita è così ingiusta. Consideravo Ken Ellis un figlio di buona donna, ma nessuno merita di morire come è morto lui. Il Ragno Rosso deve pagare per quello che ha fatto.

-Ma come fai ad essere certa che sia stato lui?

-Lui era lì davanti al suo cadavere. Aveva la forza per farlo ed il movente: Ken aveva minacciato di rivelare la sua vera identità al mondo e lui non voleva che succedesse.

Logica stringente ma inesatta. Lui non avrebbe mai ucciso per proteggere la sua identità e perfino lei dovrebbe capirlo se non si fisse fatta accecare dall’odio che prova per l’Uomo ragno. Suo padre era il ladro che uccise Ben Parker e per lungo tempo si era autoconvinta che l’Uomo Ragno l’avesse incastrato e fosse anche il responsabile della sua successiva morte. Era molto più facile che accettare che il proprio padre fosse un criminale. Ben sa bene quanto sia facile vivere di illusioni. Jessica sembrava aver accettato la verità alla fine, ma è proprio vero che i vecchi rancori non muoiono mai.

-Vieni, ti accompagno a casa.- le dice dolcemente.

 

 

San Francisco, Forest Hiil, abitazione di Ben Reilly e Helen Spacey. Qualche giorno fa.

 

Ha provato e riprovato ma nulla: il cellulare di Helen è sempre staccato. La cosa comincia a preoccuparlo. Non basta l’accusa di omicidio che gli pende sulla testa, ci manca pure la sua fidanzata che si mette a giocare a “la donna del mistero”. Ma dove si è cacciata? E perché se n’è andata? I suoi pensieri vengono interrotti dallo squillare del telefono.

Si precipita a rispondere sperando, come tutte le volte, che sia Helen chiamarlo, ma anche stavolta, rimane deluso.

<<Ben sono Elizabeth… Janine.>> dice la voce di donna all’altro capo del filo, ma non c’era bisogno di presentarsi, tantomeno col nome che usava quando si sono conosciuti: avrebbe riconosciuto la sua voce ovunque, una voce dai toni quasi isterici oggi.

-Ja… Elizabeth, cosa c’è, cosa succede?

<<Hanno preso David, l’hanno portato via.>>

-Cosa? Che stai dicendo? Chi l’ha preso? Dove l’hanno portato?

<<Quelli della Oscorp. L’hanno trasferito da Portland in un altro centro ricerche e non vogliono dirmi dove. Mi hanno diffidato dal cercarlo.

Oscorp, ovvero Norman Osborn. Sempre lui, la vera nemesi della sua vita… di Peter Parker come dei suoi cloni. Ora si è preso il suo unico figlio, quel figlio che fino a poco tempo fa Ben nemmeno sapeva di avere. Maledetto. Ha sentito che sta per morire. Che possa presto marcire all’inferno. Non sarà mai abbastanza presto per ripagare tutto il male che ha fatto.

Ben scaccia i pensieri molesti e prende un lungo respiro.

-calmati, Elizabeth, calmati. Ti assicuro che lo ritroveremo. Troveremo nostro figlio

<<Ma come?>>

Già, come? Un’azione legale sarebbe lunga e costosa ed anche usare i suoi contatti in Polizia potrebbe portare ad un vicolo cieco almeno per un po’. Ha bisogno di trovare qualcos’altro alla svelta.

Mentre riflette, ecco che vede sul tavolino davanti a lui qualcosa. Un bigliettino da visita. L’avrà dimenticato Helen. È di un’agenzia investigativa.

 

“Drew & McCabe Investigazioni”

 

Drew… perché questo nome gli è familiare? Lo ha già sentito da qualche parte. Ma certo: Jessica Drew, la prima Donna Ragno. Lui non l’ha mai incontrata, ma Peter si e loro condividono i ricordi adesso. Non sa spiegarsi perché Helen avesse un suo bigliettino, ma non importa: gli è venuta un’idea.

-Elizabeth, incontriamoci. Forse so cosa possiamo fare.

 

 

Ufficio della “Drew & McCabe Investigazioni”. Due ore dopo.

 

Jessica Drew sorseggia una tazza di caffè bollente mentre Ben ed Elizabeth espongono il loro caso.

-Lei è sicura che si trattasse di gente della Oscorp?

-Assolutamente. Ma non mi hanno voluto dire dove hanno portato mio figlio.

-Mi dica una cosa... cosa può mai volere Osborn da un bambino malato?

-Questo non lo sappiamo. So solo che rivogliamo il nostro bambino!

Elizabeth stringe la mano di Ben e questi l’abbraccia affettuosamente, cercando di calmarla. Poi dice, con tono garbato:

- Signorina Drew, lungi da me insegnarle il mestiere, ma Osborn è di New York. Sono convinto che possa averlo portato là.

- Si è la stessa cosa che ho pensato io, anche se è una teoria un pò debole. In fondo si tratta di una delle compagnie più potenti del paese... però è un inizio. Comincerò a lavorarci su. -

Mentre accarezza i capelli della sua ex, Ben comincia a farsi delle domande sul perché Helen avesse un biglietto di un agenzia investigativa. Che cosa andava cercando? Ma sopratutto dov’è adesso? Questa domanda sta cominciando a tormentarlo. Mentre Elizabeth indossa il soprabito ed esce dall’ufficio, Ben rimane qualche minuto per chiedere a Jessica di Helen.

- Un’altra cosa, miss Drew... ho saputo della sua agenzia tramite un biglietto da visita che ho trovato a casa mia e dato che questa è la prima volta che noi ci vediamo, è stata certamente la mia fidanzata Helen a portarcelo. Forse se la ricorda, è una ragazza bionda, occhi azzurri, ama le giacche di pelle e...

- Spiacente Mr. Reilly ma non posso rivelarle informazioni sulle mie clienti. Violerei il contratto di privacy. Sono certo che capirà.

E capisce, infatti. Ma non gli è di nessun conforto.

 

 

Quartiere di Tenderloin, quella stessa notte.

 

Gli era sembrata una buona idea farsi un giretto in uno dei quartieri a più alto tasso di criminalità della città, ma adesso il Ragno Rosso non ne è più tanto sicuro. Ok: ha pestato un paio di spacciatori e si è guadagnato la gratitudine di una prostituta per averla salvata da un cliente troppo violento, ma non ha fatto un solo passo avanti verso la scoperta di chi sia stato il killer di Ken Ellis. O nessuno sa davvero niente o non vogliono parlare. Magari hanno più fifa del killer che di lui. È a San Francisco da diverso tempo ormai, ma forse non si è ancora fatta una reputazione solida coi criminali locali, magari lo ritengono solo un Uomo Ragno di serie B e forse hanno ragione. Eppure... l’omicidio stesso di Ellis dimostra che è nel mirino di qualcuno. È quasi sicuro che quel qualcuno ha cercato di incastrarlo, ma chi può essere? È tornato nel giro da troppo poco tempo per essersi fatto dei nemici: gli vengono in mente solo Tarantula Nera ed il Signore del Crimine, ma nessuno di loro sa che lui è il Ragno Rosso… o almeno lo spera. Qualcuno dei vecchi nemici di Peter, allora? Osborn? Dovrebbe aver dimenticato tutto sulle identità dei Ragni e perfino esser guarito dalla pazzia di Goblin,[2] ma c’è davvero da fidarsi di lui? Il Lupo perde il pelo ma non il vizio, dicono. Norman ha di sicuro le mani in pasta nella scomparsa di suo figlio e se stesse cercando di vendicarsi anche di lui in modo più subdolo? Forse sta diventando paranoico, forse è tutta colpa degli eventi degli ultimi tempi, come la scomparsa di Helen. Maledizione: perché la sua vita deve essere così complicata? Fortuna dei Parker, direbbe Peter.

Un grido lo distrae dai suoi cupi pensieri. Viene da un vicolo li dietro. 

Il Ragno Rosso salta dal cornicione in cui si trova e piomba in direzione dell’urlo. A quanto pare, tre teppistelli provenienti dai quartieri alti in cerca di emozioni forti hanno pensato che sarebbe stata una buona idea dar fuoco ad un barbone. Tenderloin è la casa dei senzacasa di Frisco si potrebbe dire e c’è solo l’imbarazzo della scelta.

Sono anche stupidi, perché invece di scappare quando lo vedono gli corrono incontro, armati di coltelli e bottiglie rotte. Devono essere anche fatti di qualcosa, coca o anfetamine. Tenderloin è anche il supermarket delle droghe illegali della Baia, chissà che ne penserebbe Sam Spade?[3] Se non ricorda male, Hammett diceva che il suo ufficio era da queste parti.

-Ragazzi.- dice – In questi giorni non soino esattamente di buon umore, quindi vi avverto: avete scelto la sera sbagliata per uscire a giocare.

-Ti faccio a fettine.- grida uno dei tre ragazzi e gli si avventa contro.

Il Ragno Rosso non fa alcuna fatica a bloccargli il polso ed a costringerlo a mollare la bottiglia che stava brandendo. Il senso di ragno lo avverte di un secondo attacco che sventa con facilità. Il terzo teppista è bloccato da uno spruzzo di ragnatela.

-Non siete stati granché come sparring partners ragazzi.- dice infine rivolto ai tre mentre li intrappola tutti in un bozzolo di ragnatela –Ma siete comunque fortunati. A New York poteva capitarvi di incontrare un mio gemello tutto vestito di nero e lui avrebbe potuto spezzarvi entrambe le braccia e dar lavoro al vostro dentista giusto per farvi capire che non si deve fare i cattivi bambini, ma io sono più buono.- si rivolge al senzatetto –Tutto bene.-

-S… si… grazie.- risponde il vecchio –Non m’importa cosa dicono di te, Ragno Rosso: per me sei un bravo ragazzo.

-Beh… grazie.

-Che …che vuoi fare di loro?- chiede ancora il vecchio.

-Bella domanda, beh, credo che li scaricherò alla Stazione di Polizia. Se la sbrigheranno loro per stanotte. Se sono furbi questi qui non torneranno più da queste parti. Ho i loro nomi adesso e li ritroverei.

Cerca di dare alla sua voce l’intonazione più minacciosa che può e spera che i tre abbiano afferrato il messaggio.

Non è stata una notte del tutto sprecata dopotutto. In ogni caso una cosa l’ha capita: da solo non ce la farà mai o ci metterà troppo tempo. Ha bisogno d’aiuto e sa anche a chi chiederlo: c’è giusto una supereroina in città di cui conosce l’indirizzo.

 

 

Ufficio di Jessica Drew. La mattina dopo.

 

 Ben Reilly è tornato all’ufficio di Jessica Drew stavolta nei panni del Ragno Rosso è di nuovo fuori. Dalla finestra fissa Jessica mentre lavora al suo PC, fa telefonate e beve un’altra tazza di caffè (ma quanti ne beve, questa ragazza?). Bussa con le nocche alla finestra, facendo segno di aprire la finestra. Jessica è sorpresa dall’insolita visita, ma non lo da a vedere, mentre lo fa entrare nell’ufficio.

-Sbrigati, entra dentro... non voglio certo che mi vedano dare ospitalità ad un presunto omicida.

-Presunto, hai detto bene. Sei stata nel giro parecchio, e lo sai che queste cose non sono mai come sembrano. Sono stato incastrato.

-Ci conosciamo, scusa?

-Uh no ma il mio... corrispettivo di New York mi ha parlato molto bene di te, quando avevi ancora i tuoi poteri e andavi in giro facendoti chiamare “Donna Ragno”.

-Ho riottenuto i miei poteri, e quindi sono ancora la Donna Ragno. Te li dico qualora mi credessi una “fanciulla indifesa” e volessi giocarmi qualche brutto tiro...

-Frena Jessica, non devi tenermi. Non ho alcuna intenzione di farti del male, nè a te nè a nessun altro. Come ti dicevo, qualcuno mi ha teso una trappola. Non l’ho ucciso io quel giornalista.

-E’ dura da credere Ragno. Quello scribacchino sosteneva di sapere chi c’è sotto quella maschera. Avevi degli ottimi motivi per volerlo morto.

-Io non voglio nessuno morto. Andiamo, ti dice niente “Uomo Ragno: eroe o minaccia” ai tempi del Bugle? Dovresti sapere che non bisogna credere a tutto ciò che si legge sui giornali.

Jessica rifletteva su quelle parole. Aveva ragione, per anni anche l’Uomo Ragno è stato infamato con accuse fasulle. Non sa quale legame abbiano i due, ma voleva concedere al Rosso il beneficio del dubbio.

-Come posso aiutarti? - gli chiede.

-Devi aiutarmi a trovare i veri colpevoli. Ellis mi aveva chiamato prima di venire ucciso. Qualcuno mi voleva presente sul luogo del delitto. Tu conosci San Francisco molto meglio di me, ci lavori da anni, senza contare che sei una detective molto più abile di me...

-Dimmi di più... - disse lei lisciandosi gli splendidi capelli corvini.

 

Las Vegas, Nevada.Il mattino seguente.

 

Helen Spacey cammina immersa nei suoi pensieri. Si chiede ancora una volta se ha fatto la scelta giusta. Se lo conosce bene, Ben sarà preoccupato a morte per lei, ma lei sentiva di non avere scelto.

Si ferma davanti ad una boutique e contempla la sua nuova immagine riflessa nella vetrina. Bene: ora non somiglia più a Gwen Stacy e d è meglio così. Lei non è Gwen Stacy, non è mai stata lei, anche se conserva i suoi ricordi sino a non molto prima che morisse. Deve vivere la sua vita, ma prima di farlo c’è una cosa che deve sistemare, poi potrò davvero lasciarsi tutto alle spalle.

Lo squillo del telefono la riporta alla realtà. Ha tolto la sua vecchia scheda, fa anche quella parte della vita che vuol lasciarsi alle spalle. Ha dato il suo nuovo numero solo ad un’altra persona.

-Buongiorno Lindsay.  Ci sono novità?- chiede.

<<Forse si, Helen, forse ho trovato qualcosa finalmente.>> risponde Lindsay McCabe, la bionda socia di Jessica Drew. Helen aveva quasi dimenticato di averla incaricata di scovare i suoi stupratori… quasi.

Ascolta attentamente cosa l’altra donna ha da dirle, poi la saluta e chiude sbrigativamente la telefonata.

Continua a camminare lungo il viale, poi si ferma davanti ad un’altra vetrina, una diversa: niente abiti o bordsette qui, ma un genere di articoli del tutto diverso.

Spinge la porta ed entra.

-Vorrei comprare una pistola, dice.

 

 

Ufficio di Jessica Drew quattro giorni dopo

 

Si erano dati appuntamento nell’ufficio di Jessica; il Rosso non ha voluto condividere la propria identità segreta con nessuno, quindi non era rintracciabile. Jessica andò a setacciare i bassifondi di Frisco: era vero, lei conosceva la città molto meglio di lui, e sapeva in quale stagno andare a pescare. Il giorno dell’appuntamento Jessica lascia la finestra aperta, attendendo il collega mascherato, che non tarda ad arrivare.

-Jessica? Sono io.

-Si lo so... chi altri vuoi che entri dalla finestra? - risponde ironicamente lei.

-Giusto. Dimmi, hai novità?

-Eccome. Sai: sei fortunato...

-Non sai quanto sia errata quest’affermazione...

-Invece lo sei. Il palazzo in cui hanno ammazzato quel giornalista è proprio  di fronte all’appartamento di una mia vecchia conoscenza, Nicholas Adams, noto come “Nick mano calda”, un ladruncolo e ricettatore piuttosto noto tra chi bazzica i bassifondi. Bene, il nostro Nick... a proposito, se te lo stai chiedendo no, non assomiglia per niente a Paul Newman, quella sera ha visto qualcuno entrare nel palazzo dove abitava il tuo amico... uno era un orientale, un tizio mai visto prima, elegante, ma anonimo, accompagnato da un giovane ispanico, poco più di un bambino, ma che, cito, “aveva la faccia cattiva e un grosso ragno nero tatuato sull’avambraccio destro”.

-Un ragazzino con un grosso ragno... lo conosco! Tutti nella sua banda hanno lo stesso tatuaggio! È Tarantula Nera, ne sono certo!

-Tarantula Nera? Cacchio, è uno pericoloso... mezza mala di Frisco lavora per lui... ti serve una mano?

-No, grazie Jessica... hai già fatto tanto per me. Sono certo che hai molti altri casi di cui occuparti.- disse alludendo a quello commissionatogli nei panni del suo alter ego.

-T’ho già detto che ho riottenuto i miei poteri, sono quella di una volta. Posso esserti d’aiuto.

-Nel caso ti farò un fischio allora. Per ora è tutto.

-Non fare il macho e chiama se hai bisogno, ok?

-Lo farò. Grazie ancora per il tuo aiuto.

 

 

San Francisco. Bayview. Ieri Notte

 

A New York sono abituati a scene del genere; Il giustiziere mascherato entra nel bar e tutti all’interno cominciano a farsela sotto dalla paura, perchè sanno che se non collaboreranno cominceranno a volare pugni e in molti si faranno male. A San Francisco però non è così, anche perchè la fama del Ragno Rosso non eguaglia quella del suo omologo newyorkese.

È necessario un approccio da duri, mandare un messaggio chiaro e inequivocabile, senza andare troppo per il sottile.  Il Rosso lancia un tavolino contro la vetrata,  mandandola in frantumi, poi, appollaiandosi su di un altro cerca di intimorire nei suoi interlocutori, sperando di ottenere qualche collaborazione:

-Tarantula Nera. Voglio sapere in quale buco si nasconde. Ditemi dov’è e nessuno si farà male. Non collaborate e le cose si metteranno molto male per voi.

-Halloween è passato da un pezzo, idiota. Noi di Frisco non vogliamo buffoni mascherati  a scorrazzare per le nostre strade. Vattene a Los Angeles, lì è pieno di pazzoidi!- ribatte uno degli avventori.

Una tela ad impatto gli chiude la bocca, mettendo fine al suo monologo.

-Non ci siamo capiti... voglio sapere dove diavolo è il covo di Fabian LaMuerto, Tarantula Nera Non deve uscire nient’altro dalle vostre bocche. Col prossimo non sarò altrettanto delicato!

Il senso di ragno pizzica all’altezza della nuca. Un uomo dietro di lui prende una sedia e cerca di colpirlo, ma il colpo va a vuoto perchè il supereroe salta verso l’alto atterrando alle sue spalle e gli fa sbattere violentemente la faccia sul tavolino dov’era appoggiato pochi istanti prima.

-E’ UNO SOLO! PRENDIAMOLO - grida qualcuno e tutti si fanno sotto per avere un pezzo del Ragno. Nessuno però riesce nemmeno a sfiorarlo: troppo rapido, troppo veloce,  li colpisce con forza prima che loro riescano anche solo ad avvicinarsi. In breve il bar viene fatto a pezzi. Tra gli assalitori il Rosso nota un ispanico che ha sull’avambraccio un grosso ragno nero.  Va verso di lui e lo solleva con una mano sola:

-Tu! Tu sai dov’è! Riconosco quel disegno... el “Negro Tarántula”, entiende?  Donde estas?

-A la mierda, Rojo! Io non ti dirò un cazzo!

-Parli inglese allora... meglio così. Sarà più divertente...

Esce dal bar e comincia ad arrampicarsi sulla parete, salendo verso il tetto, con il suo “passeggero” che lo insulta in tutti i modi (e in entrambe le lingue).

-C-che... che vuoi f-fare?

-Lo vedrai. Stai per fare un giro sulla nuova attrazione di Frisco, l’ araña roja.

Una volta in cima al tetto il Ragno Rosso afferra il ragazzo per la caviglia e lo fa penzolare nel vuoto.

-Non te lo chiederò un’altra volta, niño. Tarantula Nera. Dov’è?

-Io... n-non lo so.

Lo lascia andare e il ragazzo precipita verso il marciapiede, urlando disperato. Proprio quand’è a pochi metri dalla morte il Rosso, appeso ad una delle sue tele, lo afferra al volo.

-Possiamo andare avanti così tutta la notte. Non so però se mi riuscirà tutte le volte di acchiapparti.

-NO, NO! DETENIDO! FERMATI! VA BENE, TE LO DICO, MA LASCIAMI ANDARE!

E sotto la maschera Ben sorride soddisfatto.

 

 

San Francisco Mission District. Prime luci dell’alba

 

Ben non riesce a credere di essere riuscito a scoprire dove abita Tarantula Nera, né di starci andando da solo, senza avvisare nessuno, senza chiedere appoggio alla Donna Ragno o ai Vendicatori della Costa Ovest. Ma perché sorprendersi? È tipico dei Parker cacciarsi nei guai da soli, dopotutto.

In fondo, per quanto sia assettato di giustizia, non ha davvero intenzione di azzuffarsi con lui se non ci sarà costretto; è un essere spregevole, un omicida, ma vuole capire perché ha ucciso Ken: forse un senso dell'onore alla "Kraven il Cacciatore", per avere il piacere personale di distruggerlo con le proprie mani? E il suo complice orientale? Chi è? Perché era con lui?

Strisciando nei condotti dell'aria condizionata, il suo costume si sta insudiciando e un pensiero casuale gli fa chiedere se Helen sarà dell'umore di fare il bucato. Pensiero buffo, visto che Helen è scomparsa da giorni ormai.

Giunge alla caratteristica grata, da cui gode di una discreta visuale.

Non provengono molti suoni dall'anonimo appartamento. Lo trova quasi squallido, per essere la casa di un boss del crimine; gli viene il dubbio di aver sbagliato strada, quando riconosce l'unica presenza umana. La donna che è accoccolata sul divano, con un telecomando in mano, è Marina Caches, la madre di Fabian. La conferma lo stranisce: per quel che ne sa, era una brava donna, in gamba: è complice o prigioniera del figlio? O addirittura ignara di ciò che sta combinando?

Con tutta la delicatezza possibile, si apre un varco e atterra sul pavimento. La donna non fiata.

-Marina...? - osa proferire, temendo reazioni inconsulte.

Nulla.

"Ti prego, fa' che non sia mummificata come la madre di Norman Bates", si augura, avvicinandosi e mettendosi nel suo campo visivo. L'ex professoressa Caches si gira e sul suo volto si dipinge un'espressione perplessa, mentre strizza gli occhi come per mettere a fuoco.

-Marina, sono il Ragno Rosso. Non voglio farle del male. Voglio sapere dov'è Fabian e se le sta facendo del male.

-Fabian... - fa eco la donna.

"Non è in sé... non reagisce come dovrebbe" si rende conto Reilly "Che cosa le ha fatto quel mostro? A sua madre?!" gli monta la rabbia.

Tarantula potrebbe tornare da un momento all'altro, ma le sue priorità sono cambiate adesso. Approfittando dello stordimento di Marina, l'arrampicamuri si serve del telefono, per due volte, per due telefonate anonime. Chiama prima un'ambulanza per la donna e poi, attento a non farsi riconoscere, chiama la polizia, consigliando di venire attrezzati per perquisire la casa di Tarantula Nera ed, eventualmente, affrontare lui o i suoi scagnozzi.

Nell'attesa, Ben rischia il tutto per tutto. Si piazza di fronte a Marina.

-Marina, cosa ti è successo?

-Niente...

-Dov'è Fabian? Dov'è tuo figlio?

-A... a messa...

L'immagine lo farebbe quasi sorridere, se non gli sovvenissero in mente esempi di esponenti del Maggia, che ostentano una falsa e paradossale devozione religiosa.

-A che chiesa?

-Non so...

Preferisce non forzarla oltre, con il rischio che si alteri.

Pochi minuti dopo, i paramedici sono arrivati al piano. Il tempo di aprir loro la porta, e sgattaiola via dalla finestra.

 

 

San Francisco. Palazzo di Giustizia. Sede della Divisione Omicidi. Oggi

 

Non dovrebbe capitare spesso che il Presidente della Commissione di Polizia faccia visita ai piani bassi dove ci sono gli uffici operativi del Dipartimento, ma Robert O’Hara è diverso da coloro che l’hanno preceduto: lui non è un politico di professione od un professionista prestato da quella che qualcuno chiama Società Civile. Robert O’Hara è stato un poliziotto che è partito dalla gavetta sino ad arrivare al ruolo di Capo della Polizia. Qualcuno nell’ufficio del Sindaco ha avuto la bella pensata di richiamarlo come capo dell’autorità che deve vigilare sulla Polizia, probabilmente se ne sta già pentendo, perché O’Hara è abituato a fare a modo suo ed a dire le cose come stanno secondo il suo giudizio. Molti sanno che non lo riconfermeranno nel ruolo quando il suo mandato scadrà, ma intanto si godono la situazione.

-Buongiorno a tutti.- dice.

A grandi passi la corpulenta figura di O’Hara attraversa la sala e raggiunge il piccolo ufficio del Tenente Sabrina Morrel.

-Ho pensato di fare un salto per sapere come vanno le cose nel caso Ellis.-

-Pressioni dall’alto?- chiede Sabrina.

-Devono solo provarci con me.- replica O’Hara con decisione –In effetti l’Ufficio del Sindaco ha chiamato il capo della Polizia ed il Capo si è sfogato con me. Vogliono sapere perché non abbiamo ancora arrestato il Ragno Rosso. Non abbiamo così tanti buffoni in costume qui ed i Media ci vanno a nozze con questa storia.

-Non ho molto da dire. L’Ufficio del Medico Legale ha confermato che la testa di Ellis è stata schiacciata con forza superumana. Il Ragno Rosso appare il sospettato più probabile, visto che era sulla scena, ma… lei crede nell’istinto, Commissario?-

-Ragazza, mi ci sono guadagnato una carriera contando sull’istinto. Se un poliziotto non può contare su quello, allora non ha nulla.

-Ebbene, io non so perché, ma sento che in questa situazione c’è qualcosa che non va, che non è tutto come appare.

-E allora fa ciò che devi. Ti ho tenuto d’occhio fin da quando eri una recluta Morrel e finora non hai mai deluso il Dipartimento, fai quel che devi  e se qualcuno dei piani alti ti rompe le scatole fammi un fischio che ci penso io a rimetterlo a posto.

O’Hara è appena uscito che un uomo anziano e segaligno con un’espressione beffarda sul volto fa capolino nell’ufficio.

-Credevamo che il vecchio “Ironguts”[4] volesse farti la ramanzina Bree.- dice –Ma pare che invece ti abbia fatto i complimenti. Sarà merito del tuo bel faccino?

-Piantala Harry. Non sei spiritoso.

-Tranquilla, sai che non lo penso davvero. Conosco Ironguts da quando era un semplice Capitano non mai fatto favoritismi con nessuno. Mi ha anche sbattuto fuori dalla Omicidi almeno un paio di volte… e mi ha sempre fatto reintegrare, a dire il vero.

-Perché eri un incorreggibile indisciplinato, Harry, e l’età non ti ha cambiato molto. Per questo non sei ancora Comandante o capo dei Detectives.

-E chi ha detto che vorrei esserlo? In fondo resto un vecchio cavallo selvaggio difficile da domare. Però se ti serve una mano sono ancora disponibile.

Bree Morrel non può fare a meno di sorridere.

-Se mi servirà l’assistenza della tua 44 Magnum, te lo farò sapere, Harry, Tranquillo.

-Bene. Nel frattempo ho pensato che dopo un incontro col vecchio un po’ di caffè non ci sarebbe stato male o preferisci qualcosa di più forte?

-Il caffè va benissimo, grazie. Sai, Harry? Con l’età ti sei addolcito.

L’altro sogghigna.

-Non dirlo troppo in giro: ho una reputazione da difendere.

 

 

San Francisco. Luogo imprecisato Oggi

 

Da quando Mitsuru Katsura si è preso buona parte del suo potere e ha lasciato la città, Tarantula Nera è ancora più confuso di quando - con poche parole - ha risvegliato il suo retaggio. Già era stato traumatico scoprire la vera fonte della maledizione dei LaMuerto: Harpagus, un sacerdote vissuto migliaia di anni prima, con il potere di un dio, che era stato rocambolescamente conservato ed era finito nelle mani della Mano, in Giappone. Già i ricordi dei suoi antenati rappresentavano un costante brusio nella sua mente, che avrebbe fatto impazzire chiunque;  ma la voce di Harpagus li aveva sovrastati tutti, giorno dopo giorno, fino a non capire più dove finisse il sacerdote e dove iniziasse Fabian LaMuerto.

Con il ratto dei suoi poteri più appariscenti, tutte le voci si erano quietate, come un sostenibile rumore di fondo, ed era cosa buona. In compenso, doveva dissimulare ai suoi sottoposti la retrocessione, continuare a gestire il suo piccolo impero criminale come se niente fosse accaduto e per di più convincere molti di loro che avesse senso pregare un dio dimenticato.

Gli era bastato dire che quel dio era la fonte primigenia del suo enorme potere, per convincerli a convertirsi. E ora si trovavano in uno scantinato, arredato alla bell'e meglio, a improvvisare una veglia di preghiera, a invocare il suo nome. Ricorda di aver tradito quello stesso dio in una sua vita precedente, né il piccolo Fabian si fida di lui adesso; è conveniente, però, assecondare Katsura e aspettare il momento giusto per riprendere il maltolto e ribaltare le sorti.

 

Più tardi, il giovane raggiunge l'isolato in cui vive, in borghese, in spalla un borsone da palestra che nasconde il suo costume corazzato. E' costretto a fermarsi all'angolo della strada: il suo palazzo è circondato da macchine della polizia. Non può essere una coincidenza, non foss'altro per il loro numero. Non vuole rischiare di essere collegato al suo alter ego, ma domanda a un curioso delle ultime file, oltre le transenne:

- Che succede?

- Pare che abbiano trovato il covo di un boss!

La spiacevole conferma gli fa salire il sangue alla testa. Il suo primo pensiero va ai suoi effetti personali, alle prove, ai suoi soldi. Il suo secondo pensiero va a sua madre: dove l'avranno portata? Ad Harpagus, in realtà, interessa poco quanto niente.

Diretto verso un altro punto d'appoggio, il figlio di Marina s'imbatte in un negozio di elettrodomestici. Un'edizione speciale del telegiornale di un'emittente locale segue in diretta il giro di vite contro Tarantula Nera. Si fa il nome del Ragno Rosso, avvistato nel covo: c'è un animato dibattito se sia un complice del boss o meno; una donna di nome Marina Caches è stata portata in ospedale, in stato semi-catatonico, e si fanno illazioni sui trattamenti subiti e che possano averla ridotta in quello strano stato, e se sia responsabile la visita del Ragno Rosso.

"Il Ragno Rosso" ripeté tra sé.

Non gli interessa se Mitsuru Katsura gli ha chiesto di tenerlo d'occhio, di tenerlo impegnato e di proteggerlo da lontano. "Che si fotta", si dice, accelerando il passo.

Quando l’avrà trovato il "rosso" del suo nome di battaglia assumerà un significato macabro.

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

Ed eccoci, quindi alla fine della seconda parte di quella che è ormai diventata una trilogia che prosegue un esperimento interessante di proficua collaborazione a tre. Speriamo davvero che vi siate divertiti a leggerlo, noi ci siamo divertiti a scriverlo.

Come al solito, ecco un po’ di chiarimenti doverosi:

1)     Quelli che non conoscono Jessica Drew, la prima Donna Ragno devono aver vissuto in qualche oscura caverna da eremiti finora. Di lei diremo solo che dopo un lungo periodo in cui suoi poteri ragneschi sembravano scomparsi o si manifestavano in modo erratico, ora sono tornati in maniera stabile e lei ha ripreso il suo ruolo di eroina in costume. Come e quando siano tornati i suddetti poteri è un mistero che verrà almeno parzialmente risolto in futuri episodi di Marvelit Team Up scritti, sia pure in collaborazione, dal solito coautore di questa pazza storia.

2)     L’anziano detective di nome Harry che scambia quattro chiacchiere con Sabrina Morrel è un divertito e sentito omaggio ad un certo ispettore della Polizia di San Francisco indisciplinato e dai modi spicci reso celebre da uno dei migliori attori e registi americani degli ultimi 50 anni. Avete capito a chi alludiamo? Bravi. -_^

 

 

Mickey, Carlo & Carmelo

 

 

 

 

 

 

 

 



[1] Come visto nello scorso episodio.

[2] È accaduto così tanto tempo fa, che nemmeno noi ci ricordiamo quando. -_^

[3] Il famoso detective creato da Dashiell Hammett nel romanzo “Il mistero del falco” (The maltese falcon) e portato sullo schermo da Humphrey Bogart nel 1941.

[4] Fegato di ferro, il soprannome di O’Hara tra i poliziotti,